Il disturbo da attacchi di panico sta assumendo una incidenza crescente nella nostra società.
L’ansia e l’attacco di panico si differenziano non solo a livello quantitativo ma anche qualitativo, e quindi implica un intervento diverso.
L’attacco di panico si presenta all’improvviso e provoca un capovolgimento dello stato fisico ed emotivo della persona. Da una situazione continua, costante e regolare, all’improvviso bruscamente si determina una frattura, c’è una discontinuità del continuum del vissuto, e come tale si attua una perdita del terreno su cui normalmente ci appoggiamo nel condurre normalmente la nostra vita. Quindi ciò che ci sorregge ed è scontato, familiare, non problematico, non riflessivo, all’improvviso precipita.
Da un punto di vista diagnostico il DSM-5 considera l’attacco di panico come una improvvisa paura o disagio intenso che raggiungono il picco in pochi minuti, durante i quali si presentano 4 o più sintomi fisici e cognitivi (es. palpitazioni, tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, ecc.).
Tale disturbo si caratterizza per essere ricorrente, cioè più di un unico attacco, ed è inaspettato, poiché non c’è una chiara connessione causa-effetto al momento in cui avviene. L’attacco sembra verificarsi di punto in bianco.
Al contrario gli attacchi di panico attesi, sono quelli per i quali vi è un chiaro elemento scatenante.
All’interno del setting terapeutico verranno affrontati gradualmente i temi della paura, della solitudine,dell’ appartenenza e separazione che calmano progressivamente il paziente. In tutto ciò ovviamente il terapeuta, per poter sostenere il panico del paziente e stare in una relazione caratterizzata dalla mancanza di un sostegno e dall’ansia, deve poter essere lui stesso tranquillo, sicuro, sentirsi sostenuto da un ground (terreno), si deve affidare al supporto del suo respiro, del suo corpo, cosi come della sua competenza ed esperienza terapeutica.